Disseminate lungo la superficie del vulcano di Roccamonfina, le ciampate del Diavolo sono il reperto paleontologico più antico al mondo.
Immaginate di camminare su un terreno morbido, durante una normale escursione. Credete di passare inosservati, di essere uno dei tanti ad aver compiuto quell’impresa. Ma non è così. Dopo milioni di anni le vostre impronte tornano ad essere visibili. Di voi non resta nulla, solo quelle piccole orme. Questa è la storia di tre uomini senza nome, risalente all’incirca a 350 mila anni fa. Un breve periodo della loro vita è rimasto indelebile sul sentiero che prende il nome di Ciampate del Diavolo. Questo suo patrimonio storico/culturale lo rende il terzo sito paleontologico più importante al mondo. Ci troviamo nel comune di Tora e Piccilli, nell’alto Casertano, all’interno del Parco Regionale Roccamonfina – Foce Garigliano, istituito nel 1999.
Il vulcano di Roccamonfina: come nascono le ciampate del Diavolo
Roccamonfina è anche un antico vulcano, con un aspetto ed una morfologia simile al nostro Vesuvio. Tuttavia lo supera per grandezza, con un cratere dalle dimensioni di 6 Km ed una superficie di 450 Kmq. La sua attività eruttiva è una storia antica, datata fra 630.000 e 50.000 anni fa. All’epoca la sua superficie era diversa, costituita dal materiale piroclastico accumulatosi alla base del vulcano. Nel corso del tempo questo materiale raggiunse una maggiore plasticità ed una temperatura tale da consentire ai passanti di lasciare le proprie tracce durante il cammino. Dunque lo strato roccioso attuale doveva essere una sorta di fanghiglia, in seguito mutata in roccia per via di una successiva eruzione. Tuttavia moltissimo tempo dopo, alcune piogge torrenziali fanno riemergere delle impronte. Sono visibili dagli anni ’80 dell’800 e da subito hanno infuocato la curiosità dei compaesani. Ma di cosa si tratta?
La leggenda del diavolo casertano
In superficie emersero 56 impronte di zoccoli caprini, oggi impresse in vulcaniti. Da sempre il sostantivo “capro”, oltre a delineare un mansueto animale, viene accostato a qualcosa di negativo. Ad esempio il termine tragedia deriva dal greco tragōidía, composto da trágos, (capro) e ōidḗ (canto). Invece, in un passo della Bibbia, per nominare il diavolo viene utilizzato un termine con il significato di capra selvatica. Ma pensiamo ancora alla locuzione capro espiatorio. Ed infine nell’ottocento quelle forme caprine vennero associate ad un demone in fuga dall’eruzione. D’altronde poteva essere l’unico essere in grado di camminare sulla lava incandescente. Questa credenza è passata di generazione in generazione, diventando una vera e propria leggenda. Da qui deriva il nome del sito, poiché quelle ciampate (termine dialettale) apparterebbero al diavolo in persona.
Dal mito alla realtà: di chi sono realmente quelle impronte?
Il 4 agosto 2001 hanno inizio degli studi più specifici sul luogo, che portano a galla la verità. Il primo sopralluogo venne effettuato dai due studiosi Adolfo Panarello e Marco De Angelis. Le loro ipotesi vennero in seguito confermate dal noto paleontologo Paolo Mietto, che continuò le ricerche ponendosi a capo di un gruppo di ricercatori. I risultati vennero poi pubblicati sulla rivista Nature nel 2003.
Nell’articolo pubblicato si apprende che furono rinvenute 156 impronte di piedi, lunghe circa 24 cm. Appartengono ad un primate della specie Homo heidelbergensis, un ominide vissuto fra 600.000 e 100.000 anni fa, antenato dell’uomo di Neanderthal. Per l’esattezza, si trattava di un gruppo di tre individui, presentati in molti libri o tesi di ricerca come i nostri genitori, ma di qualche millennio fa. Insomma una scoperta grandiosa: si tratta infatti delle orme di ominide più antiche rinvenute al di fuori dell’Africa.
Come vedere le ciampate del diavolo, lungo le pendici del Roccamonfina
Questo sentiero scavato nella lava è accessibile dal borgo di Foresta e si trova nelle prossimità della chiesa di Sant’Andrea, in Via S. Andrea, 12. Per visitarlo è obbligatoria la prenotazione, contattando l’associazione Orme Associazione Culturale, il cui nome prende spunto proprio dalle antiche ciampate. Di recente, tramite un post facebook, apprendiamo che il luogo è nuovamente visitabile, organizzando gruppi di turisti con un massimo di 10 persone. Il percorso è di difficoltà media, doveroso dunque un abbigliamento consono, con scarpe da trekking o da passeggio. I membri dell’associazione accompagneranno i visitatori per tutto il tragitto, narrando di volta in volta le varie scoperte. Sarà una mostra particolare, poiché le varie guide hanno la tendenza di inscenare quanto accaduto milioni di anni fa. Dunque mimano i movimenti, i passi incrociati, i punti più impervi e le cadute, raccontando come ogni passo sia stato il frutto di una decisione. Infine con i loro gesti descrivono le varie ipotesi degli studiosi.
In questo modo si ha la sensazione di rivivere la storia di quei tre ominidi, di cui non si sa assolutamente nulla. Chi erano? Perché si trovavano lì? Conoscevano già il luogo? Quali percorsi avranno visto?
I vari percorsi del sito
Il luogo offre tre passeggiate sul tufo. La prima è una discesa a zig-zag, mentre la seconda ha un andamento rettilineo, proseguendo verso un tratto leggermente più ripido. Proprio qui uno dei tre antenati si distrae per un momento, non si rende conto che la superficie che sta calpestando è poco omogenea. Dunque scivola e cade in discesa. A rivelarlo sono alcune tracce anatomiche lasciate sul suolo, come il palmo della mano, usato per frenare e poi per rialzarsi. Come avranno vissuto gli altri questo momento? Si saranno preoccupati e poi avranno riso tutti insieme per la caduta? L’ultima pista è invece più regolare ed il pendio è leggermente meno inclinato. Infine, dopo aver attraversato questi tre piani si può visitare anche il museo civico di paleontologia. Ubicato in Via Roma, è dedicato alle varie ciampate. Anche in questo caso è obbligatoria la prenotazione. E per finire, la zona offre alcune aree per concedersi rilassanti pic-nic.
Roccamonfina: altre possibilità di escursione
Roccamonfina non è solo un vulcano, ma anche un comune italiano. Si tratta di una località tutta da scoprire e da valorizzare, per le numerose possibilità che offre. Per fare alcuni nomi, citiamo il Sentiero dei pellegrini, il Sentiero delle orchidee e delle neviere e il Sentiero degli antichi mulini. Da non tralasciare neanche i bellissimi borghi al suo interno come Tora, Piccilli, Teano o Sessa Aurunca oppure i castagneti secolari che delimitano l’intera zona e ci ricongiungono con la natura.
L’unico difetto? Purtroppo l’area di Roccamonfina con le sue ciampate del Diavolo non è pienamente valorizzata e nonostante la sua importanza storica, paleontologica e antropologica non risulta tra i siti più conosciuti dell’Italia. Insomma abbiamo una perla e non sappiamo valorizzarla!