“Datemi la mia cappa, mettetemi la mia corona, ho smanie immortali in me.” Antonio e Cleopatra – William Shakespeare

Donne e potere: perché il binomio è ancora malaccetto

Je M’accuse”: la storia delle donne giunte al potere costrette (ancora) a subire insinuazioni

Nella lingua italiana esistono alcune locuzioni che se riferite ad una donna risultano tutt’altro che lusinghiere. La situazione invece cambia quando queste stesse locuzioni sono declinate al maschile.

Fare la gatta morta allude ad una persona che, sotto un aspetto tranquillo e mansueto, nasconde tutt’altro carattere, mentre un gatto morto è semplicemente un felino deceduto. Anche in alcuni proverbi si riprende il termine “gatta” (volutamente declinato al femminile) che designa complessità, negatività e malizia. Pensiamo ad esempio a “qui gatta ci cova” oppure a “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”. Tuttavia non si è mai detto “è un gatto da pelare” o “essere un gatto morto” . Per quale motivo?

Donne e lavoro: come avrà ottenuto quella posizione?
Aveva pensato che se gli esseri umani non si esercitavano in continuazione ad aprire e chiudere la bocca, correvano il rischio di cominciare a far lavorare il cervello”.
Douglas Adams

Quando una donna giunge al potere, arrivando ad assumere una posizione manageriale grazie alle sua preparazione, sa che dovrà sorbirsi la sfilza di frecciatine molto più di quanto non capiti ai colleghi maschi. Un atteggiamento meschino e vile che ritrova in tempi auri l’origine delle sue fondamenta. Vi basti pensare che già la prima regina di Napoli dovette subire il turpiloquio.

La storia tormentata della prima regina di Napoli

Questa è anche la storia della prima regina di Napoli, che decise di regnare da sola, senza il contributo del marito. Il suo nome era Giovanna I, figlia di Carlo d’Angiò. Donna colta e raffinata, amante della letteratura e della poesia, capace, da sola, di gestire un vasto regno in un periodo storico complesso, fatto di intrighi, congiure, sommosse e perfino uno scisma religioso.

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Benché capace di tenere testa ai consiglieri di Corte, che la volevano più mansueta, e a un popolo, spesso incapace di celare il malcontento, sul suo conto aleggiano sinistre leggende, che offuscano l’immagine di sovrana capace qual era. Inoltre spesso il suo nome si confonde con quello di una seconda Giovanna, figlia di Re Carlo III d’Angiò-Durazzo. Le due figure tendono ad accavallarsi e a diventare una sola identità. In questo modo ci si rivolge ad una allegoria astratta più che concreta, nel tentativo di demolire l’intero genere femminile.

Le leggende sul loro conto si sono rincorse per secoli e “fanno a botte” con una realtà ben diversa. Vediamo in questo modo come la storia si ripete: davanti ad una mente brillante gli uomini (e talvolta anche le donne stesse) hanno il desiderio di distruggerla. Ma quali sono questi racconti? Ripercorriamoli insieme!

Come una semplice fontana può diventare motivo di scandalo

Non sono poche le allusioni sessuali che ritraggono la donna con un animale. La stessa sorte è toccata alla regina Giovanna. Infatti si dice che sazia degli uomini abbia preferito un cavallo. Questa fantasia è nata dalla visione della fontana di Piazza Pretoria, ubicata nella città di Palermo. Qui infatti una donna col seno scoperto è distesa vicino ad un palafreno. In realtà si tratta di una creatura mitologica e non certamente della nostra regina. Ma è assurdo come da una semplice fontana si sia cercato un pretesto per denigrare una donna.

Fontana Pretoria.
Città di Palermo.
Palazzo Donn’Anna oppure hotel ad ore della regina Giovanna?

La collina di Posillipo è conosciuta anche per i misteri che custodisce, tra cui la scomparsa di alcuni uomini. Si narra che i loro corpi siano ancora nelle profondità del mare, su cui si affaccia il palazzo Donn’Anna. Al suo interno si sarebbero susseguite immagini di cupidigia e terrore. Infatti la regina Giovanna aveva privilegiato questa dimora per i suoi amori clandestini. Tra i motivi della scelta c’erano la segretezza del luogo, il doppio ingresso dell’abitazione e la vicinanza al mare. L’obiettivo era la riservatezza: nessuno doveva sapere di queste relazioni clandestine, ed ovviamente men che mai i mariti. Dunque era fondamentale cancellare ogni prova, compresa la loro stessa vita. Ecco perché nei pressi del palazzo c’erano anche alcune cavità, armate con aguzze punte di spade e con lame di rasoi.

Margherita di Borgogna e la torre di Nesle

Questa storia ricorda quella di un’altra regina. Il suo nome è Margherita di Borgogna, regina di Francia e di Navarra. Il copione si ripete ugualmente: la donna era solita concedersi a tanti uomini, per poi gettarli l’indomani tra le fauci di un fiume. La sua dimora fissa era la torre di Nesle. Vediamo dunque come il binomio sesso e omicidio torni spesso. Insomma queste invenzioni peccherebbero anche di originalità ed inventiva.

Il coccodrillo del Maschio Angioino

Un’altra leggenda è quella del Maschio Angioino e del coccodrillo. Per la precisione, il Re Ferdinando di Aragona rinchiudeva i fuorilegge in un cunicolo del castello, per poi scomparire nel nulla. Per molto tempo si è pensato che i rei avessero individuato una via di fuga, rasserenando così gli animi di amici e familiari. In realtà, proprio nei pressi della cella, un coccodrillo, proveniente dall’antico Egitto, dimorava indisturbato. A questo punto appare evidente il nesso: il re si liberava di loro tramite il tenebroso animale. Tuttavia anche da questo aneddoto si cercò di colpevolizzare le donne. Infatti si dice che dietro c’era nientemeno lo zampino della regina Giovanna.

Quanti coccodrilli, che fingono di lamentarsi per divorare chi si lascia commuovere dal loro lamento”!
François de La Rochefoucauld

Queste sono solo alcune delle storie popolari che si tramandano sul conto delle due regine di Napoli. Eppure le fonti storiche ne hanno denunciato da tempo la falsità. Ma se in passato tramite queste ricostruzioni si è cercato di demolire l’intero genere femminile, oggi questi tentativi dimostrano l’opposto. Infatti l’impegno con cui sono state costruite dimostra semplicemente quanto in realtà la mente delle due donne sia stata geniale. D’altronde non sono gli unici tentativi malriusciti, pensiamo ad esempio Lucrezia Borgia o Valeria Messalina; la prima vittima della sua famiglia, la seconda dei giochi politici.