Maschio Angioino, nella mirabile città di Napoli.- (Foto dal web)

Maschio Angioino, nella mirabile città di Napoli.- (Foto dal web)

Un tesoro della città di Napoli: il Maschio Angioino

Un castello in onore della prode avventura di Galahad, conquistatore del Sacro Graal

Una città che rispecchia il suo riflesso nel mare, sotto le note soavi della sirena Partenope, era quanto di più desiderabile poteva esserci nei tempi antichi. Alfonso V di Aragona si fece strada tra spade e fiamme, alla conquista del trono tanto agognato. Il soglio di Napoli, dove solo lui poteva sedersi, come in passato Galahad ebbe l’onore di accomodarsi presso la Tavola Rotonda di Re Artù. Motore fu il Sacro Graal, quella veneranda coppa che unisce la virtutem di due audaci paladini.

Il Sacro Graal e le sue varianti

La sua storia fu incisa su carta per la prima volta da Chrétien de Troyes, nel suo poema “Le Roman de Perceval ou le conte du Graal”. Era la fine del XII secolo. In quei tempi il “Graal” non aveva nulla di sacro, era una semplice ciotola, con la quale si potevano servire delle vivande. Quel fluido forse biancastro o rossastro mutò poi nel sangue di Cristo Crocifisso, raccolto goccia dopo goccia da San Giuseppe d’Arimatea, (all’interno della coppa). Questa è la versione che ne riporta Robert de Boron: non si narra più di ciotole ma di un calice, quello dell’Ultima Cena.

Sacro Graal, tratto da: Indiana Jones e l’ultima crociata
Il Sacro Graal rende sacro Galahad e non solo

Tuttavia c’è ancora un’altra versione: come la spada di Excailbur poteva essere estratta da un’unica persona, il Sacro Graal poteva essere scovato da unico uomo. Il suo nome è Galahad, figlio di Lancilotto. L’impresa gli valse l’onore di sedere sul tredicesimo trono di Re Artù, senza restarne bruciato o peggio ucciso. Quest’ultima versione era nota ad Alfonso V. Il Re riprese la tradizione in ogni suo aspetto, per solcare per sempre nel mito la sua audacia.

Alfonso V d’Aragona e il regno di Napoli

Dopo un periodo di fazioni, tradimenti e battaglie, sulla città di Napoli si stese la mano predatrice degli Aragonesi. Benedetto Croce, in uno dei suoi racconti, tramanda la rocambolesca avventura di Alfonso V e del suo seguito. Nei dintorni di Santa Sofia (all’interno delle mura di Napoli) si susseguivano molte case e botteghe, tra le quali quella di un povero sarto, che divenne il portale segreto per intrufolarsi all’interno della città. Culminò così un lungo periodo di assedio, era il 2 Giugno 1442.

Ma è leggenda o storia il legame tra Alfonso V d’Aragona e la tavola rotonda di Re Artù?

Alcuni dettagli del Maschio Angioino ci dicono che si tratti di storia. Salvatore Forte, studioso di esoterismo e simbologia, ha individuato alcuni nessi interessanti. Quali?

Alfonso V dedicò l’intero Castel Nuovo al Sacro Graal, rendendolo una sacra reliquia. Fece scolpire il calice all’interno e all’esterno, in mostra per i suoi tanti sudditi della città partenopea. L’immagine realizzata sul trono (al centro, vicino una fiamma) segue sui pavimenti e sulle volte, fino all’arco trionfale all’ingresso del castello. Ma è visibile ancora alla base del balcone del Trionfo. Si tratta esattamente di un orcio in pietra, “senz’altro simbolo dell’ordine della Giara fondato dal padre di Alfonso, Ferdinando il Giusto” (101 perché sulla storia di Napoli che non puoi non sapereMarco Perillo). Agli occhi di Salvatore Forte rimembra proprio il Sacro Graal. Inoltre il sovrano, probabilmente per ricevere protezione in ogni istante, si fece realizzare un’armatura con tale talismano.

È una realizzazione in pietra o qualcosa di più?

E se quel calice non fosse solo impresso tra le mura del castello? D’altronde più volte Alfonso dichiarò di essere il possessore della santa coppa. Ed è un caso che la cappella del Santo Calice (depositaria del Graal, all’interno della Cattedrale di Valencia) richiami nell’architettura la sala dei baroni del Maschio Angioino? Inoltre si narra che il Sacro Graal “fu donato dai monaci del convento di San Juan della Peña alla corona aragonese e che nel 1424 lo stesso Alfonso lo portò nel suo palazzo reale a Valencia, per poi donarlo alla cattedrale” (101 perché sulla storia di Napoli che non puoi non sapereMarco Perillo).

Insomma che dietro l’amore di Alfonso V d’Aragona per i poemi cavallereschi ci sia dell’altro? Che quelle coppe scolpite all’interno e all’esterno del castello, nascondino un più fitto mistero, restituendo ancor più luce e magia ad uno dei tanti tesori di Napoli, quali il Maschio Angioino? Probabilmente una visita al castello, in una delle città più turistiche e patria di innumerevoli talenti, potrebbe fornire la giusta risposta.