L’arte fuori di sé: come cascare nelle storie

«Seppure involontariamente noi artisti siamo impegnati. Non è la lotta a renderci artisti, ma è l’arte che ci costringe a essere combattenti. Per la sua stessa funzione l’artista è il testimone della libertà e questa è una motivazione che si ritrova a pagare cara. Per la sua stessa funzione egli è impegnato nelle profondità più inestricabili della storia, là dove soffoca la carne stessa dell’uomo». 

Così le parole di Albert Camus

 Gli artisti possono essere catalizzatori di energie creative, esplorando e trovando percorsi inediti per esprimersi. Ma per fare questo l’arte deve essere capace di cambiare rotta, ripensarsi radicalmente, andare «fuori di sè». 

L’arte deve svolgere la funzione di anticorpo, così da poter superare le nostre debolezze estendendo le nostre capacità oltre l’umana dotazione per accettare il dolore sublimandolo. Ma oggi siamo più al livello della trovata che dell’idea, perché il sistema chiede qualcosa di immediatamente riconoscibile, riproducibile serialmente e facilmente riconducibile alle categorie delle grandi manifestazioni artistiche.

Appena si entra in una dimensione di complessità il rischio per gli artisti di essere marginalizzati o ignorati dal sistema dell’arte contemporanea diventa molto alto. Quindi il presente ha bisogno dell’arte, ma non di un’arte di deriva o di rappresentazione, bensì un’arte di progettazione, un’arte che cerchi di prefigurare delle visioni del futuro. Un’arte che oscillando tra presente e futuro, si liberi delle sirene del contemporaneo. 

Studio Azzurro, gruppo di artisti dei nuovi media, fondato nel 1982 da Fabio Cirifino (Fotografia), Paolo Rosa (arte visiva e cinema) e Leonardo Sangiorgi (grafica) a Milano, integra linguaggi e competenze diverse, dalla fotografia al video, dalla grafica ai sistemi interattivi, intraprendendo sicuramente un percorso progettuale complesso, elaborando videoinstallazioni e videoambientazioni interattive che coinvolgono lo spettatore in un racconto di immagini e sensazioni che gli permettono di essere coautore dell’opera.

Ciò che rende unico il lavoro di Studio Azzurro è la straordinaria capacità di emozionare con la tecnologia, di assumere in pieno la sfida tecnologica e di restituirla in un’emozione che è anche trasferimento di sapere, semplice conoscenza sensibile.

Da più di venti anni, attraverso videoambienti, ambienti sensibili e interattivi, performance teatrali e film, Studio Azzurro indaga le possibilità poetiche ed espressive di questi mezzi che così tanto incidono nelle nostre vite evidenziando il rapporto tra corpo e spazio sia internamente, dove è il linguaggio teatrale ad avere la meglio, sia esternamente, nella fruizione dello spettatore. Il corpo sempre più immobilizzato, insensibile e imbrigliato in protesi, è assediato da un panorama di provocazioni tanto urlate ed eclatanti quanto vacue.

L’arte piuttosto che associarsi a questo coro assordante, come spesso accade, potrebbe avere il ruolo di smuovere la condizione di stallo, agendo per ridefinire i sensi nel loro complesso, l’operazione artistica dovrebbe consistere nel riattivare il corpo, costringendolo a muoversi, a spostarsi, a fare nuove esperienze. 

Oggi sono fortemente premiati i sensi come la vista e l’udito, e sono più penalizzati i sensi come il tatto, il gusto e l’olfatto. Questa penalizzazione sconta il fatto che la nostra percezione più veloce è anche più superficiale, si vedono e si sentono le cose senza bisogno di toccarle, assaggiarle, annusarle.

Per annusare, toccare, morsicare bisogna avvicinarsi, mentre la vista permette di conoscere rapidamente a distanza. Solo la perdita di controllo visivo a volte ci fa trovare il tempo per godere di alcuni momenti di lentezza in cui occorre cambiare registro, toccando per misurare, annusando e assaporando per distinguere.

Lasciando così che sia la fantasia a trasformare le cose, immaginandole e confondendole, sino a godere dell’impressione, inoltre operando sulle sensibilità, si va a toccare la parte interiore, silenziosa, archetipa. Si manifesta la componente invisibile.

I musei non hanno bisogno di spettatori qualsiasi, ma di spettatori che vogliano assumersi la responsabilità di un gesto, anche minimale (come quello di posare una mano sull’opera) e Studio Azzurro si impegna a costruire dei luoghi in cui ci si può immergere nelle storie, ma conoscere anche il modo in cui sono narrate. 

Serena Palmese
Fonte copertina artribune.it