Continua il nostro viaggio nelle battaglie contro gli stereotipi di genere
Un detto comune cita così: “le donne sono l’altra metà del cielo”. Il cielo! Esiste qualcosa di più puro e limpido? Forse le case che proprio tante donne di tutto il mondo tengono ben pulite ed ordinate. Già!
Anche se le faccende domestiche stanno progressivamente diventando un affare non propriamente “femminile”, fino a non molto tempo fa, la donna ideale era quella “casa e famiglia”, che si occupava di cucinare, stirare, pulire, portare i bambini a scuola. Molte bambine sono cresciute con la convinzione che le loro esistenze si sarebbero realizzate solo con un marito al loro fianco (magari di buon partito), avendo due o tre figli e dimostrando di essere mogli servili e madri amorevoli. Ciò era diretta conseguenza del maschilismo che ha imperato per gran parte del Novecento: l’uomo aveva il compito di portare lo stipendio a casa e di garantire il benessere economico della famiglia.
Questo preambolo ci porta ad aprire ben tre riflessioni che sono lo specchio di altrettante tre battaglie: il riconoscimento del lavoro casalingo, l’emancipazione femminile e il maschilismo tossico.
Qualsiasi attività svolta che non preveda compensi, stipendi o retribuzioni viene difficilmente riconosciuto dalla società come un lavoro eppure, quello della casalinga è un lavoro a tempo pieno, sabato e domenica inclusi, che impegna decine di ore alla settimana. Si stima che la sola attività casalinga regali all’Italia all’incirca 20 miliardi di ore annui. Purtroppo, manca un riconoscimento legale ed anche un giusto salario per queste donne che, ahimè, vengono considerate fortunate da molti uomini solo perché restano in casa per gran parte della giornata. Ad oggi, gli unici riconoscimenti ottenuti dalle casalinghe sono un’assicurazione contro gli infortuni domestici da parte dell’Inail e la possibilità di versare i contributi per la pensione. Ancora molto resta da fare per combattere quella che, secondo diversi economisti, rimane un’attività “ai limiti della schiavitù”.
Anche le donne casalinghe hanno il diritto di sentirsi realizzate. Come qualsiasi altra donna che scelga di fare ciò che desidera nella propria vita. La realizzazione è alla base del principio di emancipazione (non soltanto femminile). Per secoli le donne non hanno avuto vita facile: costrette per lunghissimo tempo a seguire dettami, regole sociali, norme di buon costume impartite dall’alto, etichettate ed in qualsivoglia modo, sfruttate e violentate. Ancora oggi, nel 2020, in alcuni parti del mondo è ancora così. Ma l’onda d’urto si sta propagando e sarà solo questione di tempo prima che tutte le donne del mondo possano avere la possibilità di scegliere di realizzare i propri sogni. Nel 2019, l’attrice statunitense Glenn Close, alla consegna del Golden Globe come miglior attrice in un film drammatico per l’interpretazione in “The Wife – Vivere nell’ombra” (dopo aver saputo della vittoria al Premio Nobel del marito Joe, Joan affronta il peso dei compromessi dei segreti e dei tradimenti accettati per lungo tempo) nel suo discorso di ringraziamento non poté trattenere le lacrime pensando a sua madre: verso gli ottanta anni le confessò di sentirsi come se non avesse realizzato nulla nella sua vita. L’attrice ha esortato le donne a lottare sempre per realizzare i propri sogni non dimenticando mai che possono essere tutto ciò che desiderano.
L’impossibilità per le donne di andare controcorrente ha avuto anche il demerito di alimentare un altro stereotipo: quello dell’uomo forte. Molti uomini sono ancora incapaci di mostrare le loro debolezze e di chiedere aiuto e subiscono una pressione sociale molto forte: è inaccettabile che siano fragili, devono dimostrare di essere molto più aggressivi e competitivi sul mondo del lavoro, l’insuccesso è estremamente logorante se non fatale per loro e nella vita privata la mancanza di virilità rappresenta uno schiaffo alla loro dignità. Non a caso, tutte le statistiche mondiali confermano che il maggior numero di suicidi è compiuto da persone di genere maschile. Tutto questo è collegato alla condizione femminile e al movimento femminista proprio come spiega chiaramente l’attrice britannica Emma Watson, ambasciatrice della campagna “HeForShe” delle Nazione Unite per la promozione dell’eguaglianza di genere, in un discorso tenuto a New York nel settembre 2014: “Uomini, vorrei cogliere questa opportunità per farvi un invito formale. La parità di genere è anche un problema vostro. Ho visto giovani uomini affetti da malattie mentali, incapaci di chiedere aiuto per paura di apparire meno “maschi”. Ho visto uomini resi fragili ed insicuri dalla percezione distorta su cosa sia il successo maschile. Neanche gli uomini hanno i diritti della parità di genere. Se gli uomini non devono essere aggressivi per essere accettati, le donne non si sentiranno in dovere di essere sottomesse”.
Le casalinghe lavorano, le donne hanno aspirazioni e sia uomini che donne possono essere forti e deboli allo stesso modo. Il viaggio verso le battaglie contro gli stereotipi di genere continua!