CATCALLING

Catcalling, molestie o comunque vogliate chiamarle. La storia di Federica è quella di tutte noi

Avances sessuali, commenti indesiderati e irrispettosi: così Federica Polino denuncia le molestie subite

Foto dal Web-Catcalling

Perché una donna dovrebbe sentirsi gratificata da un’attenzione non richiesta?

Prima di uscire mi guardo allo specchio una, due, dieci volte, modificando di continuo ciò che sto indossando. Metto quotidianamente in discussione il mio vestiario, evito di indossare camicette, facilmente scollate, o anche le gonne, perché potrei pentirmene.

Con queste parole Federica Polino, nata e cresciuta nel quartiere di Marano (NA), ha denunciato indignata, l’ennesimo episodio di fischi e commenti indesiderati ricevuti per strada da parte di estranei: “è una sensazione che ormai mi accompagna ogni qualvolta devo uscire di casa. Una paura irrazionale macchiata da senso di colpa”.

Queste molestie hanno mutato drasticamente il mio modo di agire e reagire. Ho convissuto con loro, le ho analizzate, sino a comprenderle e razionalizzarle: ad oggi, non mi sento più “in colpa”, ma la paura fatica a scomparire.

Poi fa un appello ai suoi carnefici:

“Vorrei chiedervi di mettervi nei nostri panni, nei miei. Nelle vesti di quella bambina, che è divenuta ragazzina, un’adolescente e poi donna, per farvi subire 28 anni di molestie, di quei complimenti non richiesti che tanto sentite il bisogno di fare“.

Foto dal Web- Molestie sessuali

Ma cosa si intende esattamente per catcalling e come si ferma?

In inglese, catcalling significa “chiamare il gatto”, ed è un’espressione che si riferisce letteralmente al verso con cui si richiama l’attenzione del felino. Per questo motivo è stato scelto per dare corpo a un “fenomeno” triste e per nulla passeggero.

Si tratta di una vera e propria violenza verbale, di cui molte donne, a volte anche inconsapevolmente, si ritrovano vittime tutti i giorni.

Un retaggio di rituali maschilisti perpetuato nei secoli al quale le donne non si sono mai ribellate, mentre gli uomini hanno sempre mostrato indifferenza. Questi ultimi, giustificano il loro atteggiamento parlando di “atti di cavalleria”, ma la realtà è molto diversa.

Ricevere un complimento fa sempre piacere, ammesso che sia un complimento emesso da un conoscente; non da un qualunque passante incontrato per strada, sul tram o al parco. Il punto è che molti considerano queste molestie verbali “semplici complimenti”, adeguandosi a queste strategie utilizzate dagli uomini che cercano di attirare l’attenzione tramite comportamenti persecutori, ripetuti e intrusivi.

Diverso è il punto di vista delle vittime di catcalling, che cercano ogni giorno di tutelarsi dalla la cattiva condotta di chi insulta in strada.

Foto dal Web-Catcalling

Ero una bambina, e nessuno fece nulla.

Una denuncia sulle molestie che una donna deve fronteggiare centinaia di volte nell’arco della vita, sentendo la pervasività di una strisciante aggressività, malcelata da complimento che finisce per condizionare il suo senso di sicurezza.

Federica ci tiene a sottolineare che il catcalling per lei ha avuto un’origine prematura, rivelando un evento traumatico legato alla sua adolescenza.

Un evento, che ha cambiato repentinamente il suo mondo interiore, indelebile come un tatuaggio che riporta i segni sulla pelle.

Avevo 13 anni, ero appena uscita da scuola e come ogni giorno mi accingevo a tornare a casa: zaino in spalla, cerchietto nei capelli, t-shirt Onyx e un sorriso sincero stampato in volto.

Camminavo in compagnia di alcuni amici di scuola fin quando le rispettive strade, come soleva, si dividevano, ed io proseguivo sola verso casa, distante circa un km.

Prima di varcare il portone di casa, ero solita entrare nel Tabacchi più vicino, dove acquistavo un pacchetto di gomme o un chupa chups.

Svoltato l’angolo vidi un gruppetto di 5-6 uomini dell’età di mio padre, o giù di lì, chiacchierare animosamente sull’uscio del negozio. I loro sguardi su di me, seguiti da commenti incalzanti e volgari sul mio fondoschiena, e da una violenta pacca sul sedere.

Catcalling: Paura o consapevolezza?

“Di te mi fido, è degli altri che non ho fiducia”, “Stai attenta quando torni tardi” e molte altre sono le raccomandazioni fatte a ragazze e donne da parte di parenti e amici per evitare di subire catcalling.

Queste preoccupazioni generano paura o consapevolezza?

La paura non è immotivata, la violenza di genere è entrata nel gergo familiare come inviti a fare attenzione. Essa consiste anche nel poter alzare la propria voce, mostrare il proprio corpo senza sentirsi in difetto o essere oggetti sessuali

Scegliere la propria vita senza essere giudicata, derisa, silenziata, insultata basandosi su genere, orientamento sessuale, salute fisica ed economica, corporatura ed etnia: che lo si voglia o meno, i diritti civili non sono opinioni.

Federica suggerisce che la consapevolezza cresce negli uomini che terrorizzano le donne con le molestie di strada, una consapevolezza sbagliata e anzi, pericolosa:

Non sono incoscienti di quello che dicono, piuttosto credo siano consapevoli che noi donne siamo più vulnerabili, quindi “più deboli” e quasi doverosamente “asservite”.

Cercano disperatamente di gonfiare il proprio Ego e di elevare lo status di ominide, in maniera discriminante e disagiante.

Considerato che il catcalling costituisce un fenomeno che condiziona molte donne, le quali non si sentono libere di passeggiare tranquillamente per strada ed indossare ciò che vogliono, provocando ripercussioni nella psicologia e nella vita quotidiana delle vittime, sarebbe auspicabile un intervento ad hoc da parte della legge.

Federica conclude con occhi languorosi la sua intervista:

Ero una bambina, e nessuno fece nulla. Rimasi terrorizzata all’idea che quell’uomo potesse realmente ferirmi: se avesse provato a farmi del male, come avrei potuto reagire? chi mi avrebbe difesa quel giorno?

Mi sentivo tremendamente in colpa, in colpa per le mie forme. In colpa per essere nata nel corpo di una donna.