Ultimo articolo dedicato alle battaglie contro gli stereotipi di genere
Prima di cominciare a scrivere l’articolo vorrei ringraziare tutti coloro che hanno avuto un minuto da dedicare alla lettura di questi quattro articoli per me estremamente importanti: mi hanno permesso di scoprire e, anzi mi auguro, che vi abbiano permesso di scoprire le battaglie che ogni essere umano combatte per la propria autodeterminazione. Personalmente, mi saranno d’ispirazione e di coraggio per il futuro.
Tornando all’articolo, chiudiamo l’indagine attraverso l’universo maschile. Per questo ultimo appuntamento ho deciso di riportare delle storie che potrebbero essere rappresentative di lotte contro stereotipi abbastanza radicati che fanno soffrire molte persone le quali non sempre riescono a trovare le capacità e le giuste risorse al proprio interno per fronteggiare il muro enorme, solido e di cemento armato che si trovano davanti. Alcuni, per fortuna, lo ignorano saltando con un bel trampolino senza preoccuparsi di cosa troveranno dall’altro lato.
Nel precedente articolo mi sono soffermato sul concetto di virilità. Tale concetto potrebbe essere alla base delle discriminazioni all’interno del mondo omosessuale maschile. Sarebbe importante ricordare che le discriminazioni non provengono solo dall’esterno bensì anche dall’interno, anche se sono meno evidenti ma, tuttavia, meno facili da combattere. Gli omosessuali maschi sono perseguitati da uno stereotipo di bellezza basato su muscolatura ampia e doppia, addominali di ferro, petto d’acciaio e bicipiti da paura nonché una cura ossessiva del proprio corpo; tutto ciò porta ad una sorta di emarginazione verso coloro che non rispecchiano tali canoni fino al punto di essere isolati, bullizzati e di far credere loro che non potranno mai essere desiderabili, ne di avere la possibilità di trovare l’amore.
Lo sa bene l’indiano Dipanar: nel documentario “Dream Boat” che segue le vicende di 5 ragazzi in una nave da crociera per soli uomini, egli rimane deluso dal tipo di standard a cui deve aderire per avere qualche speranza di fare qualche interessante conoscenza. Eppure Dipanar si è imbarcato dopo due anni in cui ha rivelato la sua omosessualità e si è impegnato per perdere peso ma ciò non è bastato: Dipanar passerà l’intera durata della crociera chiuso in cabina.
Uno studio pubblicato da “The Psichology of Men and Masculinities” ha rivelato che il 45% degli uomini gay è scontento della propria massa contro il 30% degli uomini etero; inoltre, il 58% dei gay afferma proprio di sentire la pressione esercitata da riviste e TV per cercare di avere un corpo più attraente contro il 29% dei maschi eterosessuali. Gli omosessuali, secondo l’esperto di disturbi alimentari e problemi mentali statunitense Zach Rawlings, hanno cominciato a trattare il loro corpo come una moneta di scambio per ottenere sesso: più sei palestrato e più rimorchi. Come ha, a malincuore, recepito Dipanar a bordo della “Dream Boat”.
La sua storia, come le tante altre non dissimili, dimostra che c’è bisogno di un cambiamento all’interno del mondo gay: un nuovo rapporto con il proprio corpo, la diffusione di una definizione diversa corrispondente a quella di “corpo sano” e il rifiuto che spingono verso diete pericolose e l’uso di pesi sempre più pesanti.
Un dato interessante che emerge – anche se un po’ sdoganato nel mondo della moda – è che il concetto di virilità parrebbe dare noie anche ai maschi che, indipendentemente dai loro orientamenti sessuali, vorrebbero poter indossare ciò che desiderano in base ai loro gusti personali e non basandosi sulle etichette date ai capi d’abbigliamento.
Di questa tendenza appare Harry Styles, classe 1994, cantautore, già membro della Band “One Direction”, apparendo sulla cover di “Vogue America” in abiti femminili, ricevendo il consenso di tante altre star hollywoodiane. “Sono libero di essere me stesso” ha replicato la popstar ai pochissimi insulti social ricevuti (aggiungerei che fa bene a dirlo!); peccato che non sia così facile per chiunque!
Una storia che apre un profondo spiraglio di speranza arriva da Mark Bryan, marito, padre e ingegnere statunitense che adora indossare gli abiti femminili: li indossa nella vita di tutti i giorni, per fare la spesa o per andare a lavoro, portando i tacchi divinamente. “Iniziai all’università incominciando ad indossare i tacchi alti” racconta Mark che aggiunge: “Molte donne mi chiedono dove trovo le scarpe mentre gli uomini come faccio a camminare con i tacchi alti senza rompermi la caviglia”. Definibile come un fautore della “Moda Gender Free”, Mark sostiene che “un uomo dovrebbe essere libero di andare in giro con gonna e tacchi a spillo senza essere necessariamente etichettato come gay”. In fondo, perché le donne possono indossare abiti maschili senza problemi mentre gli uomini non possono fare il contrario? Il parallelo coi giocattoli è d’obbligo: perché una bambina può giocare coi soldatini mentre per un bambino desiderare di giocare con una bambola viene spesso visto come indice di qualcosa che non va?
Ho voluto concludere questo viaggio con due storie simbolo di lotta, voglia di libertà, accettazione, inclusione.
Perché cosa sono le battaglie contro gli stereotipi di genere se non battaglie per abbattere i sentimenti di odio verso il diverso, tentando, così, di convertire quei sentimenti stessi in rispetto, tolleranza e amore?
Grazie a tutti e al prossimo viaggio.