Matteo Mauriello

Matteo Mauriello

Anime napoletane: la nostra intervista a Matteo Mauriello

All’angolo di un caffè di piazza Medaglie D’Oro, incontriamo Matteo Mauriello, un artigiano dello spettacolo, come ama definirsi.

“Non sono d’accordo ad usare il termine ‘artista’così facilmente, per me l’artista non è uno che fa l’attore o il cantante, ma colui che scrive la storia e lascia il segno su di essa. Ogni tanto mi definisco performer, ma non so quanto possa essere calzante col mio essere. Sono un amante del live e credo che il feeling che si crea col pubblico durante le rappresentazioni dal vivo sia unico e speciale.

Sono un poliedrico e amo muovermi in più ambiti, diciamo a 360°, dal teatro di prosa e o musicale al concerto, anche quello di piazza, anzi, per sfruttare al meglio le mie attitudini, propongo spesso pièce di teatro musicale, sono cresciuto e non solo io a “pane e Gatta Cenerentola!” Quando mi viene proposta una scrittura teatrale, prediligo lo spettacolo musicale, lo sento più nelle mie corde, ciò non toglie che mi reputo capace di affrontare qualsiasi altra forma di spettacolo”.

Figlio d’arte, suo padre Giovanni è stato il fondatore storico della Nuova Compagnia di Canto Popolare.

Com’è crescere come figlio d’arte? Rappresenta un fardello o un vantaggio?

“Rappresenta entrambi i casi. Latente, il peso c’è, solo che non lo avverto. Ci sono alcuni ambienti teatrali napoletani che potrebbero mettere un’etichetta a quello che faccio, magari è possibile che il mio cognome possa indurre qualche addetto ai lavori a classificarmi e possa pensare che io sia, non so … forse solo un cantante di musica popolare; ma per fortuna non è così! Negli anni ’80, ad esempio, era sovente l’uso del nome d’arte per ‘nascondere’ natali artistici pressanti o molto popolari, ora non più, ma questo non è ovviamente il mio caso. Avverto comunque un ‘bisogno’ di riscatto e di intraprendere, come già sto facendo, la mia strada ed il mio percorso personale, per trasmettere quante più emozioni possibili al pubblico che mi sosterrà, a prescindere dal cognome.

Al di là di tutto, mi sento fortunato. Musicalmente parlando, ho la stessa passione che mi lascia in eredità mio padre. Le radici della cultura napoletana, campana e di tutto il sud fanno parte di me e le ritroverò sempre. Quando ricevo dei complimenti, spesso mi dicono “Buon sangue non mente”, ed io ne sono felice, perchè non ho mai temuto il confronto con mio padre, anzi, ne sono il primo estimatore, orgoglioso e fiero di lui, in tutti i sensi”.

E’ da poco finito Natale e tra le strade di Napoli si è sentita prepotente molto più “All I want for Christams is you” che “La cantata dei pastori”. Quanto ti spaventa il conformismo?

“Io non ho nulla contro la cultura anglo sassone o americana, ovviamente preferisco le vere ballads  celtiche e non le canzonette moderne o i tormentoni natalizi da pubblicità e cinepanettone, a patto però che si conosca, si stimi e si valorizzi il nostro patrimonio natalizio, non solo musicale. Prima è giusto conoscere ed ascoltare la nostra cultura musicale. I giovani oggi non hanno la minima idea di cosa sia la musica popolare, della nostra terra, delle nostre radici; non voglio fare alcuna polemica, né di tutta l’erba un fascio, ma nelle scuole, c’è ormai la tendenza ad insegnare ai ragazzi solo canzoni e melodie in inglese o americano, canzoni per lo più leggere ed orecchiabili, senza poi alcun rimando alla nostra tradizione e senza il minimo riferimento alla nostra cultura, se non appunto in casi rari.

Mi domando allora, perché non far ascoltare prima il nostro sound, i nostri ritmi? Conoscere le nostre radici e la nostra cultura equivale a conoscere se stessi. Riguardo poi le contaminazioni tra culture, quello è un altro discorso, bellissimo ed infatti ben vengano, purché però siano contaminazioni ad alto impatto culturale, abbiano un profondo significato ed aggiungano un tassello in più alla nostra cultura come hanno fatto e continuano a fare alcuni registi compositori di grande scuola con cui ho debuttato e con cui lavoro.

Tutta la musica è collegata ed unisce tutti i popoli e tutti i paesi del mondo, per esempio: la nostra scala musicale cosiddetta ‘napoletana’ proviene da quella araba e da questa, anche quella spagnola, ossia flamenca o andalusa; Amo tanto la musica celtica che tra l’altro si fonde perfettamente con la nostra, per ritmo e per sound.  Infine poi tutti noi popoli del Mediterraneo discendiamo dai ritmi africani, che sono quelli che pulsano dentro di noi e che ci fanno vibrare”.

Che tipo di formazione hai?

“Essendo figlio d’arte, sono cresciuto in un certo ambiente artistico, anche se poi me ne sono allontanato. Tuttavia, durante gli ultimi anni di liceo, ho avuto uno spontaneo riavvicinamento al mondo teatrale e musicale, perchè ne avvertivo l’esigenza, poi durante gli anni successivi al diploma si palesò più chiaramente il cammino che volevo intraprendere e ciò che sentivo fortificarsi dentro di me. Così mi sono diplomato presso l’Accademia Nazionale di Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma, nell’anno 2013.  

Ho continuato comunque la formazione con diversi maestri, dal mimo corporeo al perfezionamento della tecnica vocale e recitativa. Ho lavorato con svariati registi, facendo così esperienza e prendendo sempre più consapevolezza di me stesso, della mia anima artistica. Da un anno faccio parte dell’associazione “Attori Indipendenti”, la cui direzione artistica è affidata a Nello Mascia. In alcuni periodi dell’anno, come quello natalizio, sono solito lavorare con mio padre, con la direzione artistica di Carlo Faiello. Teniamo viva la nostra tradizione e la portiamo in un certo senso avanti, una cosa che amo moltissimo fare. Ho un ottimo rapporto lavorativo con Bruno Garofalo, scenografo e regista, con cui ho appena allestito il debutto al teatro Augusteo di Napoli del “Cyrano” da Rostand commedia musicale di Modugno – Pazzaglia, con Gennaro Cannavacciuolo nel ruolo di Cyrano, che sarà in tournèe l’anno prossimo”.

Hai anticipato la prossima domanda! Raccontaci i tuoi progetti futuri.

“Ci sono tanti progetti che bollono in pentola. Tra quelli che propongo c’è “Promenade a Sud” un delizioso concerto spettacolo e il mio recital su repertorio di Viviani e non solo, “Soirèe napoletana“. Mi piacerebbe lavorare ad un progetto discografico, vorrei poter incidere un album per dar voce a tutte le mie corde, alle mie più anime e a quel che sento.

E infine, mi auguro di debuttare presto sul grande schermo con un bel lungometraggio d’autore!” 

E noi te lo auguriamo, caro Matteo!