La verità dietro la nostra ricerca quotidiana
I motori di ricerca, indispensabili per le nostre ricerche quotidiane, non sono altro che sistemi automatici che su richiesta forniscono una serie di contenuti disponibili. Tra questi, il più utilizzato è proprio Google, usato addirittura dal 90% degli europei e dal 95% degli italiani. Ma quali sono le differenze con gli altri?
“Il nostro è un motore che non traccia i dati, rispetta la privacy dell’utente e ti mette in condizione di avere una ricerca più aperta possibile. Google invece traccia tutti i dati degli utenti per poi riutilizzarli e rivenderli a livello pubblicitario: rivende dati ma essenzialmente usa lo stesso metodo di ricerca delle informazioni degli altri motori di ricerca” – afferma Jean Claude Ghinozzi, il presidente e direttore generale di Qwant.
Anche Christian Kroll, il fondatore e direttore di Ecosia, un altro famoso motore di ricerca, dice la sua: “sostanzialmente funziona come Google ma non prendiamo i dati di nessuno e la vera grossa differenza è che noi usiamo i guadagni per piantare alberi”. Grazie alle ricerche effettuate dagli utenti su Ecosia, infatti, è stato possibile piantare 85 864 445 alberi e il numero è in continuo aumento.
Nonostante tali differenze, Google resta al primo posto. Il motivo? “Il 50% delle ricerche porta le persone a restare dentro Google: se cerco, per esempio, il risultato della partite di serie A, lo vedo subito senza dover aprire altri siti specifici” – spiega Marco Montemagno, imprenditore digitale. Questo vuol dire anche che più si naviga sulla loro pagina maggiore è il loro guadagno.
Google, inoltre, porta verso una pubblicità mirata vendendo le informazioni degli individui, da un lato anche utile. Tuttavia non si parla solo di pubblicità a essere adattate a noi, ma anche di contenuti. Luca Cattoi, un esperto di strategia di comunicazione digitale, afferma: “se cerco una cosa dallo smartphone o da un computer fisso i risultati saranno diversi. Così come cambia se le cerco da un iPhone, che costa molto, o da un telefono che costa meno”.
Per fare questo vengono utilizzati i cookies, dei microfiles che immagazzinano tutto quello che viene ricercato su internet. Accettandoli si consente al sito di tracciare l’utente e di fornire la propria ricerca ad altri servizi esterni. “Facebook, Instagram, Spotify, Youtube, Amazon e tanti altri siti sapranno non solo su che sito sono andato ma anche cosa ho cercato e cosa ho visto” – spiega Paolo Dal Checco, consulente informatico forense.
Adesso, siete curiosi di sapere cosa sa Google di voi? Cercate “Google Takeout”: sarà possibile scegliere che tipo di informazioni scaricare e poi chiedere di asportare il tutto.